La tecnologia PFC degli alimentatori switching

8 Novembre 2011 0 di Elvio

L’aumento dei costi energetici ha modificato, negli ultimi anni, il modo di costruire le apparecchiature elettriche.

Con la sigla PFC (Power Factor Correction) che significa correzione del fattore di potenza, si definisce una particolare tecnologia che aiuta a ridurre i consumi e le dissipazioni superflue, migliorandone l’efficienza totale.

Per comprendere meglio questo concetto bisogna sapere che in una rete elettrica alternata (come la nostra rete domestica) la corrente, per vari motivi che preciseremo, può rimanere sfasata di un certo angolo φ (phi) rispetto alla tensione di alimentazione, quindi, pur avendo la stessa frequenza, non raggiungerebbe picchi e valli nello stesso momento.

La prima e più diretta conseguenza di questo sfasamento è una perdita di potenza più o meno marcata a seconda di quanto questo sfasamento risulta ampio.

Nelle figure si possono vedere graficamente gli effetti di questo problema dove, con linea rossa viene visualizzata la tensione, con linea verde la corrente che fluisce sugli apparecchi utilizzatori e con segmento azzurro la differenza di sfasamento tra le due entità.

A questo scopo viene distinta la potenza attiva P (espressa in Watt), che è sostanzialmente il lavoro utile della macchina e la potenza reattiva Q (che non viene utilizzata).

Queste due grandezze vengono rappresentate graficamente come due cateti di un triangolo rettangolo e la cui ipotenusa definisce la potenza apparente S (espressa in Volt*Ampere), che è in realtà la potenza totale in ingresso:

f.d.p. = cos(φ) = P / S

Ecco spiegata la ragione del fattore di potenza (f.d.p), che in condizioni ideali è uguale a 1, ma che negli apparecchi elettronici domestici può aggirarsi fra 0,5 e 1, ora più questo valore si allontana da uno, più si fa riferimento ad un sistema inefficiente.

Sapendo quindi ora tutto questo, si capisce perché in un sistema elettrico, a parità di potenza erogata, un carico a basso f.d.p. trasporta molta più corrente di un sistema ad alto f.d.p. (alto cos(φ)) e si capisce anche perché un alto cos(φ) causa un aumento di perdite per effetto Joule (calore) e un incremento dei costi dovuti a consumi e maggiori dimensioni dei conduttori.

Più in generale è però da tener presente che, a volte, la produzione di potenza reattiva è inevitabile e necessaria: nei motori elettrici è proprio la potenza reattiva che ne permette il funzionamento. Un elevato fattore di potenza però è un elemento indesiderato dai gestori della rete elettrica e, oltre ad un certo limite, viene fatta pagare come supplemento.
Oggigiorno, oltre alla correzione PFC passiva (che si può ottenere con adeguati sistemi capacitivi), esistono anche sistemi attivi molto più efficienti, ma che richiedono apparati più complessi e più costosi. Svantaggi quindi ampiamente compensati dai meriti che questa tecnologia comporta (soprattutto sui grandi numeri di utilizzatori) perché si evita la generazione e il trasporto di potenza reattiva, che va dal generatore all’utilizzatore e viceversa senza rendere in tutto questo percorso alcun tipo di lavoro utile.

Tuttavia nei computer e negli apparecchi moderni (alimentati con sistemi switching), una sostanziale riduzione della potenza reattiva è uno stato di fatto già dal 2007.

La direttiva EU EN61000-3-2 del 2001 infatti richiede che tutti gli alimentatori con più di 75W debbano includere almeno un PFC passivo.

Più recentemente, le direttive Energy Star (il sistema volontario internazionale di etichettatura per l’efficienza energetica introdotto dalla statunitense EPA nel 1992), hanno reso la tecnologia PFC obbligatoria per tutti i PC desktop a partire dalla versione 4.0 del luglio 2007 e i produttori si sono man mano adeguati. L’attuale versione 5.0 di Energy Star richiede un f.d.p. superiore a 0,9 col 100% della potenza erogata per tutti gli alimentatori per PC.
Un esempio pratico sono i nuovi alimentatori, che soddisfano lo standard 80 plus: l’aggiunta di un PFC attivo su questi apparecchi riduce enormemente le dispersioni e ne aumenta l’affidabilità e l’efficienza in standby, con un minimo aumento sul costo di acquisto.

Facciamo un esempio:

– un alimentatore switching tradizionale da 200 W, per generare 100 W di corrente continua, si richiede 143 W di alternata, perdendone 43 in calore.

– un alimentatore 80 plus riesce a erogare la stessa potenza con soli 125 W AC in ingresso, diminuendo del 42% il calore disperso, con vantaggi indiscutibili per le tasche e per l’ambiente.

La tecnologia PFC, seppur nata per portare vantaggi indiscutibili, può causare alcuni inconvenienti e va quindi considerata e valutata con attenzione.

Durante il normale uso, un alimentatore per PC eroga quasi sempre una potenza inferiore a quella massima. Tuttavia per gli alimentatori che implementano la tecnologia PFC questo non è vero durante l’accensione. Questa fase critica di accensione viene chiamata inrush e per pochi istanti sono in grado di richiedere un carico di potenza molto elevato fino al loro massimo potenziale.

La fase di inrush può però entrare in gioco anche durante l’utilizzo, ad esempio quando si è collegati ad un gruppo di continuità (UPS) economico e tale unità effettua un cambio di stato.

Se l’UPS entra in azione passando dall’alimentazione di rete a quella a batteria o viceversa, il ritardo causato da questa operazione (generalmente di 8-10 ms) può causare un inrush al circuito PFC, togliendo in pratica corrente all’alimentatore per sovraccarico o overload dell’UPS e quindi vanificando l’uso dell’UPS stesso.

Quindi considerando che gli alimentatori PFC possiedono un’efficienza almeno dell’80%, la portata dell’UPS collegato ad essi deve essere sempre parametrizzata, prendendo come base la sua potenza di uscita, ossia:

Potenza UPS = Potenza Alimentatore / 0,8 = Potenza Alimentatore * 1,25

Ciò significa quindi che l’UPS deve poter sostenere un carico superiore alle richieste dell’alimentatore PFC di circa il 25-30% (per star sicuri).

Esiste poi un’altra problematica collegata agli UPS: l’utilizzo di un PFC attivo richiede in ingresso un’onda sinusoidale perfetta; purtroppo la maggior parte dei sistemi più economici, durante l’alimentazione a batteria, genera un’onda pseudo-sinusoidale. Di conseguenza, al momento di innestare l’alimentazione di backup, il PFC attivo causerà lo spegnimento del sistema.

In questo caso è meglio prestare la massima attenzione sui vari tipi di UPS da acquistare o rivolgersi a un tecnico specializzato, per evitare di spendere i propri soldi in un acquisto sbagliato.
Saluti

 

fonte: programmazione.it