La storia dell’Aspirina

9 Luglio 2010 0 di Elvio

Le virtù terapeutiche delle foglie del salice sono conosciute da oltre 4000 anni, tanto che vengono menzionate già nel papiro di Ebers, all’incirca 2000 anni prima di Cristo.
Nei giardini degli antichi egizi, durante il periodo del Nuovo Regno (1551-1070a.C.), la pianta del salice veniva fatta crescere accanto a quelle del fico, del melograno, a palme da datteri e viti. Le foglie erano usate a scopo terapeutico, ma anche i fiori e la corteccia erano utilizzate per trattare ferite ed infiammazioni.
I Romani usavano la corteccia per trattare febbri e dolori reumatici.

Ma in realtà nel 400 A.C. fu Ippocrate di Kos (il padre della medicina) che si accorse delle proprietà antidolorifiche contenute nella corteccia e nelle foglie di salice e consigliò ai suoi pazienti afflitti dai più svariati dolori, di curarsi con un infuso di quelle foglie. Si trova infatti segnalata negli scritti del medico ateniese l’azione analgesica della linfa estratta dalla corteccia di salice (si tratta appunto dell’acido salicilico). Dall’epoca dei primi ufficiali utilizzi di Ippocrate, gli uomini, per secoli, hanno fatto uso del salice per combattere mali di testa, febbri e reumatismi. Ancora oggi i contadini greci masticano le foglie di salice per combattere e addirittura prevenire i dolori reumatici.

Nel Medioevo fu dimenticata questa salutare terapia e fu poi riscoperta nel 18° secolo.

In occasione dell’embargo sulle importazioni deciso da Napoleone nel 1806, si verificò una grave carenza di chinino proveniente dal Perù per la cura della malaria e si intuì che poteva essere sostituito dal decotto di salice per la sua spiccata attività antipiretica.

Nel 1859 Hermann Kolbe, professore di chimica all’università di Narburg scoprì la struttura chimica dell’acido salicilico e riuscì a sintetizzarne la molecola in laboratorio.

Felix Hoffmann, che lavorava come chimico presso la ditta Bayer, riuscì a sintetizzare l’acido acetilsalicilico, molecola arricchita del gruppo acetile (questa molecola presentava maggiore efficacia analgesica ed antinfiammatoria ed era più tollerato dall’organismo umano). Fu brevettata dallo stesso Hoffmann nel 1897 e fu testata inizialmente sul suo papà assillato dai dolori articolari.

 





 

I buoni risultati della nuova molecola di sintesi spinsero la Bayer a mettere il farmaco in commercio. Una circolare del 23 gennaio 1899 annunciava anche il nome del prodotto “Aspirina” (dove A sta per Acetile, spir per spiraure, acido spiritico, analogo all’acido salicilico, ina è il suffisso usato dai chimici per indicare sostanze scoperte o isolate in natura).
L’enorme impatto che l’aspirina ebbe avuto nel novecento lo si può capire anche dal fatto che nel Trattato di Versailles, tra le condizioni imposte dai vincitori della prima guerra mondiale agli sconfitti imperi centrali, c’era l’imposizione alla Bayer (rea di aver partecipato allo sviluppo di agenti chimici come l’iprite per uso bellico) della decadenza di marchio e brevetto dell’aspirina. In altre nazioni, tra cui l’Italia ed il Canada, il nome “Aspirina” è invece ancora un marchio registrato.

 





 

Anche per questi motivi questo marchio di fabbrica è diventato un nome molto comune e vanta di essere l’analgesico più venduto nella storia ed il primo esempio di cura medica a disposizione delle masse.
Fu il rimedio di frontiera per cercare di arginare l’epidemia di Spagnola (dopo la prima guerra mondiale), nel 1950 entrò nel Guinness dei primati come l’antidolorifico più diffuso al mondo.
Andò nello spazio (accompagnando gli astronauti dell’Apollo sulla Luna) e nella letteratura (lenì i mal di testa di Don Camillo e dei personaggi di Cent’anni di solitudine).

Fino alla fine degli anni 60, il farmaco era sempre stato utilizzato a dosi piene come antidolorifico, antinfiammatorio, febbrifugo e antireumatico, senza che nessuno ne conoscesse l’esatto meccanismo d’azione. Fu però in quell’epoca che alcuni ricercatori, tra i quali Sir John Vane, scoprirono che l’aspirina (e altri farmaci conosciuti come antinfiammatori non steroidei) erano capaci di bloccare la produzione di alcune sostanze, le prostaglandine, capaci di contribuire al dolore, alla febbre e ad altri fenomeni infiammatori. Si scoprì che il blocco, da parte di piccole dosi di aspirina, della produzione di prostaglandine e di altre sostanze analoghe nelle piastrine (cellule che circolano nel sangue), riduceva la loro partecipazione al processo di ostruzione dei vasi sanguigni noto come trombosi. Prevenire le trombosi con l’aspirina voleva dire ridurre di circa un quarto pericolosi eventi vascolari come l’infarto del cuore, l’ictus cerebrale e il rischio di morte che ne consegue in pazienti già colpiti da queste malattie (questa ricerca fece guadagnare il premio Nobel per la medicina a Sir John Vane nel 1982).
Il farmaco si è dimostrato talmente versatile che è stato sperimentato in tantissime condizioni tanto da diventare oggetto di oltre 3000 pubblicazioni scientifiche. Oggi, da una unteriore ricerca tutta italiana, l’aspirina sembra avere ancora insolite applicazioni che la proiettano nel nuovo millennio come un efficace strumento per aiutare ipertesi, diabetici, ipercolesterolemici, obesi o in generale anziani, a difendersi dalla morte vascolare.
Ci sono infine degli studi importanti che associano il consumo regolare di aspirina ad una ridotta incidenza dei tumori del colon o del retto, ma ancora non è chiaro il meccanismo di azione del farmaco e perché risulta essere efficace.

Intanto che l’Aspirina continua ad essere venduta in grandi quantità dagli scaffali delle farmacie, c’è chi è riuscito ad inserirla anche sugli scaffali delle librerie. Jeffreys Diarmuid ha da poco dedicato un libro (edito in Italia da Donzelli) che ha un titolo piuttosto chiarificatore: Aspirina, l’incredibile storia della pillola più famosa del mondo.
di cui alcune pagine le trovate pubblicate qui su google libri.

Conclusioni

Se la Bayer deve molto della sua espansione mondiale a questa pillola miracolosa, da seria azienda tedesca, molto ha fatto nella promozione del suo prodotto in termini di qualità, pubblicizzazione e distribuzione mondiale.
Sapendo di avere in mano un prodotto efficacissimo e brevettato, l’azienda ha saputo usare i migliori mezzi pubblicitari dell’epoca ed è riuscita a dare il giusto risalto in tutto il mondo alla sua pillola.
Tra i tanti mezzi c’è un manifesto, che io considero bellissimo (lo vedete in foto), pubblicato nella seconda metà del 1930 sulle principali riviste patinate dell’epoca, che fece scuola ai grafici pubblicitari del tempo. L’autore era Renzo Bassi, un disegnatore futurista italiano, molto quotato a quei tempi che, insieme con i colleghi Nino Nanni, Bertoglio ed altri, riuscirono a stravolgere la comunicazione pubblicitaria di quel tempo e furono, per un decennio, praticamente i leader mondiali.

Chi volesse una copia di tale poster (ormai esente da diritti d’autore) potrà richiederlo via mail a noi. I formati realizzabili sono 65×95, 100×140 e 140×200 cm su supporti carta, PVC audoadesivo lucido o tela. I prezzi vanno da 15 € (per poster 65×95 in carta) in su.

Saluti