La frontiera del 3D sui display

6 Novembre 2010 0 di Elvio

L’immagine tridimensionale per essere percepita come tale dovrebbe fornire al cervello molte indicazioni sulla realtà che vogliamo simulare: illuminazione, prospettiva, trama. Ma per rendere immersiva e sempre più simile al reale un’esperienza 3D è necessario fornire elementi come la visione stereoscopica, la messa a fuoco dinamica, la visione periferica e così via, tutte caratteristiche percepite continuamente dai nostri occhi.

La proprietà più importante, e più semplice da simulare, è la visione stereoscopica. Noi infatti percepiamo la realtà tramite due occhi (distanti circa 7 cm) e questa doppia visione ci permette di apprezzare la profondità della scena tramite le differenze di particolari e di convergenza oculare che fornirebbero al cervello tutti gli elementi per eleborare questa sorta di triangolazione e trasformarla in percezione tridimensionale.

Il fenomeno è stato a lungo studiato già dagli inizi degli anni ’60 da Ivan Sutherland (famoso esperto di Computer Graphic) che costruì il primo head-mounted display (HMD) stereoscopico ed oggi si parla molto di riproduzione tridimensionale (o 3D) come traguardo prossimo per la visione delle trasmissioni televisive e cinematografiche domestiche.

Ora , mentre per il cinema la tecnologia è matura e sembra inconfutabile l’affermazione della tecnica bipolarizzata (che permette la visualizzazione ottimale solo tramite appositi occhialini), per l’evoluzione del 3D domestico tutto sembra ancora in fase di sviluppo. E’ certo però che i comuni schermi CRT, plasma o LCD non saranno più adatti e si dovranno utilizzare nuovi tipi di display, nuove tecniche di trasmissione e codifiche specifiche per questi nuoivi usi.

Ma andiamo con ordine

La più comune tecnica di simulazione della visione stereoscopica (perché di pura simulazione si tratta) viene fatta sovrapponendo due immagini sullo stesso sistema di riproduzione poi si utilizzano i così detti occhialini 3D per la visione.
La ripresa invece prevede l’uso di una apposita telecamera (o fotocamera) doppia con gli obiettivi distanti circa 7 cm (come i nostri occhi).