La sintesi musicale in sintesi

8 Febbraio 2008 0 di Elvio

Al pari dei prodotti chimici, oggi, i suoni dei moderni strumenti elettronici, vengono quasi sempre ‘sintetizzati’  e non più prodotti da veri strumenti musicali. Da specialii circuiti digitali sempre più complessi, precisi e realistici nascono tastiere, piani, violini e varie strumentazioni con miriadi di timbriche diverse innovative e sconosciute anche impossibili da produrre con strumenti reali.

Tralasciamo per brevità le prime tecnologie, arcaiche, risalenti a 30-35 anni fa che hanno fatto le prime comparse della musica elettronica e le più moderne tecniche digitali assistite da computer, andiamo a considerare la vera essenza della sintesi elettronica, i sintetizzatori.

Principalmente di questi ve ne sono di 3 diverse tecnologie che si differenziano dalla sorgente di segnale generato:

Sintetizzato: Il segnale parte, inizialmente, da un forma d’onda grezza, solitamente quadra o triangolare, (ricco di armoniche) chiamata portante (che è la frequenza della nota che dovrà uscire dallo strumento). Da questo, vengono filtrate una serie determinate di armoniche (con tecniche sottrattive), tali da avvicinarsi il più possibile alla timbrica dello strumento da simulare.

Modulato: Il segnale parte da un’onda pura (sinusoidale), successivamente arricchito di armioniche e modulato in frequenza e fase tale da avvicinarsi molto verosimilmente allo strumento naturale.

Campionato: Il segnale viene registrato da un vero strumento su nastro o in digitale in modo da avere la nota pura del vero strumento.

Da una o più di queste fonti base di segnale, il suono passa per una seconda elaborazione, che è la generazione di inviluppo: questa è una caratteristica importante del suono di qualsiasi strumento musicale, è infatti la possibilità, per il musicista, di indurre lo strumento a variare un poco la timbrica, l’espressione,  l’intensità e anche l’intonazione durante l’esecuzione, per rendere il suono più gradevole: si pensi ad esempio all’esecuzione di una sonata per pianoforte, o ad un assolo di violino, parti nelle quali la differenza di intensità, di ricchezza acustica e di vibrato permette di sottolineare alcuni passaggi, trasmettendo una determinata emozione all’ascoltatore.

Per riprodurre questo genere di modulazioni non periodiche, si ricorre a generatori di transitori di tensione, programmabili, in modo da generare il medesimo profilo della grandezza controllata ad istanti preimpostati. Alla pressione del tasto, il generatore di transienti genera una tensione crescente, che raggiunge un proprio massimo, per poi decadere ad estinguere l’effetto dopo il rilascio del tasto (coda, filtro passa-basso che diminuisce la frequenza di taglio, oscillatore che stona leggermente e così via).

Esistono in genere diversi sistemi di generazione di transienti (o di inviluppo): AR, ADSR, AHDSR, AHDBDR e molti altri.
L’AR (Attack, Release) definisce un tempo di salita della tensione alla pressione del tasto, ed un tempo di discesa al suo rilascio: adatto quindi per iterazioni semplici quali archi, fiati e voci.

ADSR (Attack, Decay, Sustain, Release) permette di creare un transitorio più vicino a strumenti caratterizzati da un attacco specifico (pianoforte, tromba, percussioni); alla pressione del tasto, la tensione di controllo sale in un tempo definito dal parametro Attack fino ad un picco massimo fisso; subito dopo, la tensione scende con la velocità definita dal parametro Decay, fino a stabilizzarsi sul valore impostato dal parametro Sustain; infine, al rilascio del tasto, il parametro Release provvede a determinare in quanto tempo la tensione controllata ritornerà allo zero.

Quelli più complessi come AHDSR (Attack-Hold-Decay-Sustain-Release) e AHDBDR (Attack-Hold-Decay-Breakpoint-Decay-Release) sono meno diffusi, ma cominciano diffondersi nei più evoluti sintetizzatori assieme alla possibilità di creare inviluppi completamente personalizzati.

Saluti

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