Software senza licenza

3 Gennaio 2011 1 di Elvio

Vi segnalo una recente e curiosa sentenza della Cassazione che che potrebbe segnare un importante precedente contro le infrazioni (spesso ingiuste) che la Guardia di Finanza contesta ai cittadini in materia di software copiato.

La Suprema Corte non ha infatti rinvenuto, nella condotta dell’imputato che ha fatto uso di software piratati, alcuno scopo commerciale o imprenditoriale. E la mancanza del bollino SIAE, nel caso specifico, è stato considerato irrilevante.

Il fatto

La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in materia di diritto d’autore su quanto previsto e punito dall’articolo 171 bis della legge 633/41.
Vi precisao che il comma 1 dell’Articolo citato prevede la reclusione da sei mesi a tre anni ed una multa da 2.582 a 15.493 € a chiunque duplichi programmi per elaboratore abusivamente per trarne profitto o per chi, allo stesso fine, importa, distribuisce, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dal bollino SIAE.

Un professionista (avvocato titolare e rappresentante di uno studio associato) accusato di detenzione di software privo del marchio SIAE, si era visto elevare una multa di 2.000 € e 4 mesi di reclusione. La condanna era stata già confermata nei primi due gradi di giudizio, ma lui, non sentendosi vinto, si è premurato di ricorrere anche in Cassazione.

La Suprema Corte ha annullato tale condanna, secondo la sentenza n. 42429/10 emessa dalla terza sezione penale della Corte di Cassazione, la detenzione di programmi senza licenza da parte del professionista non integra la fattispecie criminosa perché manca lo scopo commerciale o imprenditoriale sanzionato dalla norma (come riportato dal quotidiano di informazione giuridica DirittoeGiustizi@).
In base alla giurisprudenza comunitaria, inoltre, il giudice italiano deve disapplicare la norma che prevede la mancata apposizione del contrassegno SIAE come elemento costitutivo del reato per le condotte antecedenti al Dpcm 31/2009 (prosegue la spiegazione). Il contrassegno SIAE è infatti una specificazione tecnica della direttiva 98/38 CE in fatto di etichettatura dei prodotti, e, quanto contestato al professionista, è antecedente all’entrata in vigore di tale Decreto.

L’unica ipotesi punita dall’articolo 171 bis della legge 633/41 per cui la mancanza del bollino SIAE risulta irrilevante, conclude DirittoeGiustizi@, è la condotta di chi duplica abusivamente i programmi per trarne profitto. Ma all’agguerrito soggetto in questione era stata solo contestata la mera detenzione a scopo imprenditoriale e non si ravvedeva in alcun modo il fine di lucro.

Conclusioni

Ci rimane da sapere ora perché tutte le spese legali sostenute (che non saranno di certo pagate dal professionista) dovranno ricadere sulle tasche di noi comuni cittadini e non andrebbero assegnate all’allegrta squadra di finanzieri che hanno creato sittanto scompiglio. Saluti