L'insabbiamento della fusione fredda forse dipende da precisi motivi militari

3 Marzo 2009 0 di Elvio

Facendo riferimento ai tanti interessati ad un vecchio articolo di questo blog, vi riporto pari pari, uno scritto inquietante di Mauro Quagliati e pubblicato dalla AceA (Agenzia di stampa per i Consumi Etici e Alternativi).
Da quanto detto da esperti internazionali la fusione fredda, oltre che offrire una formidabile fonte di energhia a costo pressochè zero per usi civili, sembra sia già applicata in campo militare per la distruzione.

E’ una storia raccontata al convegno di Nexus dal prof. Emilio Del Giudice ricercatore di fisica teorica dell’INFM.

Ricorderete la faccenda della fusione fredda: nel 1989 due scienziati sfigati, Fleishman e Pons danno l’annuncio del fenomeno, salvo poi essere derisi dai fisici teorici della comunità internazionale, primo tra tutti Rubbia, perché il processo non produceva l’emissione di particelle previste dalla teoria (nel caso specifico neutroni, emessi dalla fusione di 2 atomi di deuterio, isotopo dell’idrogeno).

Nel giro di pochi anni le condizioni dell’esperimento originale dei due scopritori vengono riprodotte correttamente dai prof. Emilio del Giudice e Giuliano Preparata, il quale, morto di tumore 2 anni fa, perse il Nobel per la fisica in "elettrodinamica quantistica", a causa di questo suo sconveniente interesse.
Praticamente del Palladio, un metallo dalle peculiari caratteristiche, viene caricato con idrogeno gassoso fino ad un limite di saturazione prestabilito, oltre il quale si rileva una produzione di energia in eccesso tipica di una reazione nucleare.

I nostri due scienziati non solo dimostrano la realtà del fenomeno con l’esperimento, ma forniscono anche un nuovo modello teorico che dà spiegazione dei fenomeni misteriosi che fino a 10 anni fa non erano comprensibili con la teoria delle forze nucleari.
Mi spiego: fino a ieri si pensava che l’unico modo per fare avvicinare 2 protoni tanto da vincere la repulsione elettromagnetica e fare agire il campo delle forze nucleari che innescano la fusione, con produzione di una quantità enorme di energia, fosse il metodo dell’acceleratore, che lavora a 100 milioni di C° (ben inteso nel nostro sole la temperatura è 2 milioni di C° !). Oggi invece, grazie a queste ricerche svolte dall’ INFM e dall’ ENEA (nel frattempo Rubbia rinsavito, si è accorto della bontà della cosa e ha appoggiato i nostri due), è possibile ottenere la fusione a temperatura ambiente!

Dentro al cristallo di Palladio le molecole di idrogeno, in quelle particolari condizioni di  "saturazione", si comportano un po’ come la struttura solida circostante e, avvicinandosi molto, grazie ad una provvidenziale "buca di potenziale", producono una particolare fusione, senza emissioni radioattive, con produzione di elio (misurato nell’esperimento) e di un eccesso di energia mai visto fino ad oggi in una reazione (se non ho capito male 2 ordini di grandezza superiore all’energia in entrata, necessaria a preparare le condizioni della reazione).

Per completezza, si produce anche la fissione del Palladio. Quindi abbiamo già a disposizione un generatore di energia praticamente illimitata e a costi contenutissimi; rimane solo da risolvere il problema dell’intercettazione opportuna di questo surplus di energia.
Nonostante questa pazzesca rivoluzione, ad oggi, il prof. Del Giudice non è ancora riuscito a farsi pubblicare la ricerca da una rivista scientifica (ad es.: Science ha rifiutato perché "l’argomento è troppo Tecnico").

 

 

Ma il bello viene adesso. E’ ovvio capire i motivi economici alla base della
soppressione di una tecnologia quasi "free-energy". Ma non ci sono solo quelli. Del Giudice ha formulato un’ipotesi inquietante.

Tutta la faccenda è partita da uno studio commissionato dalla Marina Militare Inglese a Fleishman per indagare sui metalli più idonei ad immagazzinare l’idrogeno. I migliori risultarono essere il Palladio e l’Uranio. Lo scienziato ovviamente sperimentò sul Palladio, la cui fissione non produce danni; ma qualcuno era molto più interessato all’Uranio.

Immaginate cosa succederebbe se la matrice solida in cui avviene la fusione fosse Uranio: si innescherebbe la fissione, e quindi una esplosione atomica, anche con quantità molto inferiori alla necessaria "massa critica" (che è qualche kg), date le nuove sorprendenti condizioni di reazione.

Si possono così fare esplodere delle micro-bombe atomiche di potenza controllata (armi chirurgiche..) capaci per esempio di abbattere un singolo palazzo invece di una città intera.

Ecco così trovato un modo per utilizzare utilmente tutto quell’Uranio che giace inutilizzato nelle testate tattiche (a meno di non scatenare la guerra  termonucleare globale, s’intende), che, con il disarmo, va smantellato.

Fanta-politica? Forse invece è già realtà. Consideriamo i proiettili rivestiti
con quello che ci viene venduto come "uranio impoverito".
Guardiamo le foto dei carri armati iracheni distrutti nella guerra del golfo:
un foro di entrata, una carcassa di acciaio fusa (dal calore!) e i cadaveri dei soldati anneriti (non carbonizzati, ma irradiati da una esplosione fortissima e localizzata di raggi gamma).

Non ci sarebbe niente di più facile, sostiene Del Giudice, nel rivestire un proiettile di cannone o un missile con un strato di uranio caricato da idrogeno fino quasi al limite critico. L’impatto con il bersaglio e la sovrapressione sarebbero sufficienti a innescare la fusione fredda e la conseguente fissione dell’uranio, con annessa esplosione atomica.

Incredibile! La fonte ideale di energia pulita per tutta l’umanità usata come spoletta per l’innesco di una bombetta atomica! (il contrario di quello che avviene con la bomba H, in cui una fissione innesca la fusione distruttiva dell’idrogeno).

Inoltre spot di altissima radioattività localizzati nei campi di battaglia sono la spiegazione ideale per i sintomi della sindrome del Golfo e quella dei Balcani: la prima riscontrata esclusivamente tra i soldati anglo-americani (i primi a raggiungere le zone bombardate durante le operazioni in Iraq), la seconda invece osservata solo su italiani e tedeschi, a cui sono state destinate le zone bombardate in Bosnia e Kosovo dal vertice NATO, dopo aver fatto l’esperienza nel Golfo.

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Di seguito una inchiesta di Rai News 24 sul tema. Saluti a tutti

 

 

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