Il salame di Felino? Una salsiccia con carne di gatto

30 Luglio 2009 1 di re dei salumi

Gli italiani sono dei buongustai, ma nella gran parte dei casi non conoscono il nome dei prodotti tipici della loro terra

Buongustai, ma un po’ somari in materia gastronomica. Gli italiani sono buone forchette, però non si interessano di conoscere il nome dei prodotti tipici della loro terra. Lo rivela un’intervista del giornale Le vie del Gusto, che ha posto a un campione di 1300 uomini e donne tra i 18 e i 55 domande sui cibi della tradizione nostrana. Il formaggio di Fossa? “E’ fatto con il latte di mucche fassone”, hanno risposto i più e solo in pochi sanno che si chiama così per la particolare stagionatura in tipiche “fosse” di forma ovale scavate nella roccia. E non va meglio al culatello, che il 59 % degli italiani non sa proprio cosa sia. Per il 21% degli “intenditori” è il fondoschiena dei bambini, per il 17% è un vezzeggiativo per lodare un bel lato B e per il 12% più vicino all’etimologia della parola, è un salume fatto con il sedere del maiale. Praticamente sono in pochissimi a sapere che il culatello di Zibello è un salume, ricavato dalla coscia del suino adulto, della provincia di Parma e famoso in tutto il mondo. Un altro orgoglio di questa città è il salame di Felino, prodotto in una sua provincia, la cittadina di Felino, da cui deriva il nome. Fatto secondo la tradizione con pura carne suina, è considerato da un italiano su tre un insaccato veneto a base di carne di gatto mentre un altro 30% se lo immagina come un salsiccione a forma di micio. Se la passa male anche il capocollo, pregiato salume presente nel nostro Paese con varie interpretazioni e ricette, ottenuto dalla lavorazione del collo del maiale con una parte della spalla e questo ne giustifica il nome. Ma la fantasia degli italiani ne porta uno su quattro a identificare questa parola con la parte superiore del collo dell’uomo e addirittura un intervistato su cinque pensa sia un formaggio, forse perché fa rima con “caciocavallo”. Probabilmente qualcuno ha anche risposto come avrebbe fatto Fantozzi identificando il capocollo con “il capo che tiene il fiato sul collo ai dipendenti”. E chissà che onta per la Sicilia,” terra madre” della parmigiana di melanzane che considera il suo prodotto agroalimentare più famoso, sapere che il 40% degli intervistati ha risposto “una ragazza di Parma” e per altri italiani è “un piatto a base di parmigiano”. Quasi nessuno sa che il “datterino” è un pomodoro, la maggior parte degli italiani pensa sia un piccolo dattero o un dolce egiziano a base di datteri. E il Murazzo, formaggio piemontese, è considerato “un muro fatto male” o un modo dialettale per indicare il muratore. Sembrerà strano ma anche olio e aceto non sono esenti da equivoci perché anche nel settore “condimenti” gli italiani hanno le idee un po’ confuse. Per molti l’acidità dell’olio d’oliva è un difetto che rende il prodotto acido e lascia un retrogusto amaro. La parola “balsamico” abbinata all’aceto per molti vuol dire che il prodotto è fatto con aggiunta di erbe aromatiche e può essere usato come rimedio contro il mal di gola. Anche il vino ha i suoi “buchi neri”. Molti italiani considerano il barricamento, una tecnica di invecchiamento del vino, una fortificazione. Il marchio “Docg”, che indica al consumatore l’origine geografica di un vino, è scambiata per l’acronimo di un partito politico. E il gastro-dizionario “alternativo” comprende anche la dieta mediterranea che per molti italiani è caratterizzata da un’alimentazione a base di pesce.