Fusione fredda: si riparte

25 Maggio 2008 3 di Elvio

Lo scientismo è l’atteggiamento che porta alcuni scienziati, anche molto valenti, a negare già a priori qualsiasi validità a molti fenomeni che invece sono patrimonio della esperienza diretta di molte persone comuni, e a denigrare chi, su tali fenomeni, si sforza di indagare.

Da ora la ricerca sulla fusione fredda esce finalmente dal limbo, un po’ eretico e marginale, in cui è stata tenuta per quasi vent’anni.
Per chiarimento preciso che la fusione è il processo nucleare (pulito) che alimenta il Sole e le stelle, consiste nell’unione di due atomi leggeri, isotopi di Idrogeno: Deuterio e Trizio in uno più pesante. In questo tipo di reazione il nuovo nucleo costituito, ha una massa totale inferiore della somma delle masse reagenti con conseguente liberazione di alta energia che conferisce al processo caratteristiche fortemente esotermiche.
Affinché avvenga una fusione tra due nuclei, questi devono essere sufficientemente vicini in modo da lasciare che forza nucleare forte, predomini sulla repulsione coulombiana (i due nuclei hanno carica elettrica positiva quindi si respingono): ciò avviene a distanze molto piccole, dell’ordine di qualche femtometro (10-15 metri). L’energia necessaria per superare la repulsione coulombiana può essere fornita alle particelle portandole in condizioni di altissima pressione (altissima temperatura e/o altissima densità). Fino ad oggi (ma in realtà dal 1989) la fusione nucleare, nei processi attivati dall’uomo, si può ottenere, in forma incontrollata, nelle bombe nucleari ad idrogeno, e in forma controllata nei reattori a fusione termonucleare, ancora sperimentali.

Questi ultimi sono macchine enormemente complesse e costose e per ora di bassissima resa. In pratica l’energia ottenuta dal processo di fusione termonucleare è molto inferiore all’energia che serve per mantenere il processo stesso. Su questi studi si sono spesi fiumi di soldi pubblici e, di fatto, non si è ottenuto ancora nulla; intanto si continuano a sviluppare le centrali nucleari a fissione molto più pericolose.

Per tornare al discorso, due ricercatori Pons e Fleischmann presero invece un’altra strada, molto più semplice ed economica, tentarono di ottenere la fusione nucleare (e ci riuscirono) con mezzi straordinariamente semplici e banali. Era appunto il 1989, purtroppo per problemi ancora non chiari non riuscirono successivamente a riprodurre gli stessi risultati di fronte alla commissione di verifica e, contro di loro, molti colleghi scienziati tennero un comportamento nichilista e disfattista tale che vennero privati dei pochi soldi necessari per continuare la ricerca e, di fatto, il discorso venne ufficialmente chiuso. [//]Invece l’esperimento non era affatto una bufala.

Proprio di recente, all’Università di Osaka è stato eseguito dal ricercatore Yoshiaki Arata il primo esperimento pubblico di fusione fredda ed è stato un successo. E’ stata dimostrata, di fronte a un pubblico qualificato, la realizzazione di quello che viene definito ormai “Arata Phenomena”. La prova è stata compiuta facendo diffondere Deuterio gassoso su una matrice a struttura nanometrica di 7 grammi composta per 35% di palladio e per il 65% di ossido di zirconio alla pressione di sole 50 atmosfere (metà della pressione di una idropulitrice per autolavaggio).
Il calore, prodotto fin dall’inizio, e cioè in concomitanza dell’immissione del Deuterio, ha azionato un motore termico che si è messo in moto cominciando a girare. Dopo circa un’ora e mezzo l’esperimento è stato volutamente fermato per effettuare le misure della presenza di Elio-4 a testimonianza dell’avvenuta fusione.

Non sono state evidenziate emissioni di origine nucleare pericolose (infatti l’elio-4 è inerte). L’energia riscontrata è stata circa di 100.000 Joule, equivalente a quella necessaria per riscaldare di 25 gradi un litro di acqua (si tenga presente la modesta quantità della matrice nanometrica, 7 grammi). Quanto all’Elio, la quantità è assolutamente confrontabile e compatibile con l’energia prodotta, ed è la firma inequivocabile dell’avvenuta fusione nucleare.
Al di là delle quantità misurate, si apre ora un capitolo nuovo nella comprensione dei comportamenti e delle reazioni che hanno luogo nella materia condensata, comportamenti che sembrano differire dai modelli fin qui seguiti dalla fisica nucleare classica. Da ora quindi, inizierà un’altra fase, altrettanto delicata, legata principalmente a due fatti: la ripetizione dell’esperimento con una quantità maggiore di Palladio-Zirconio per ottenere quantitativi maggiori di energia; l’estrazione dalla matrice dell’elio senza danneggiarla e poterla così riutilizzare.
Yoshiaki Arata, e la sua raffinata tecnologia, capace di imprigionare nanoparticelle di palladio per poi farvi ammassare dentro molecole di deuterio fino a pressioni tali da generare la fusione dei nuclei di idrogeno, confermerebbe peraltro (e vendicherebbe in qualche misura) i primi, incauti annunci di Fleischmann e Pons di vent’anni prima.

Quando appunto proclamarono al mondo che erano in grado di far fondere in un catodo di palladio gli atomi di idrogeno, salvo poi non riuscire a ripetere, se non casualmente e per brevissima durata, l’atteso e quasi miracoloso processo. Ora da questa trincea, da molti paragonata all’alchimia o alla parapsicologia, molti testardi ricercatori (anche italiani), che hanno portato avanti queste ricerche con cocciutaggine e nella semiclandestinità, potranno uscire allo scoperto.
E forse l’Italia scientifica, politica ed affarista si accorgerà di avere, tra le mani (e inutilmente bistrattato), la seconda più importante scuola scientifica mondiale su una fronte veramente strategico: la fusione nucleare fredda. Non so se vi sembra poco! Un semplice approfondimento lo trovate qui o qui.

Nel frattempo guardatevi questo servizio giornalistico molto dettagliato e tirate voi le conclusioni.



Un saluto.

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