Corrotto? Condannato a morte

18 Luglio 2009 1 di re dei salumi

Un caso che arriva dalla Cina. Pena sospesa, probabilmente diventerà ergastolo Chen Tonghai, ex presidente della China Petroleum and Chemical Corporation (Sinopec), è stato giudicato colpevole di avere riscosso tangenti per 195,7 milioni di yuan (28,6 milioni di dollari) e perciò condannato alla pena capitale dal tribunale del Popolo di Pechino. Ma l’esecuzione è stata sospesa per due anni in attesa di nuovo giudizio. Gli è andata peggio di Madoff o Tanzi ma molto meglio rispetto a Zheng Xiaoyu, l’ex direttore dell’Amministrazione statale per l’alimentazione ed i farmaci condannato a morte – sentenza poi eseguita – nel 2007. La Sinopec è la più grande società cinese per ricavi, nona al mondo secondo la classifica Fortune del 2008. E’ la più importante compagnia petrolifera cinese, quotata alle borse di Shanghai, Hong Kong e Londra. Chen ne è stato a capo dal 1999 al 2007, quando fu arrestato mentre cercava di espatriare. La cifra complessiva che ha intascato è la più alta mai riscossa da un funzionario corrotto in Cina. Dopo l’arresto, grandi quantità di denaro sono state trovate nascoste in casa sua: nell’acquario, in bagno e nelle intercapedini del soffitto. Le autorità hanno umiliato Chen e altri dirigenti a lui collegati, rendendo pubblici i dettagli su come abbiano condiviso la medesima amante. Lo scandalo ha coinvolto l’allora ministro delle Finanze e il segretario del Partito della città di Qingdao. La donna si divideva tra 12 funzionari in cambio di favori economici. In compenso, Chen è stato di fatto graziato. I media riportano che la sospensione è dovuta al fatto che abbia espresso rimorso, restituito i soldi delle tangenti e fornito informazioni sugli altri personaggi coinvolti. Le pene capitali sospese si traducono di solito nella condanna all’ergastolo, a 20 anni o anche meno, se la Corte Suprema – che deve confermarle – riconosce la sincerità del pentimento. In Cina, la corruzione è affare serio. Il tema della moralità degli affari è infatti al centro del dibattito pubblico perché tocca un nervo scoperto della società cinese contemporanea. Lo sviluppo economico accelerato ha infatti acuito le differenze sociali. Secondo proiezioni McKinsey, entro il 2015 il Paese sarà quarto al mondo in quanto a concentrazione di nuclei familiari benestanti. D’altra parte, milioni di lavoratori migranti sostengono il boom come manodopera a basso costo facilmente licenziabile nei periodi di contrazione economica (come ora) e le aree rurali non hanno ancora pienamente beneficiato della nuova ricchezza, anzi, ne subiscono spesso le ricadute negative (speculazione sui terreni, degrado dell’ambiente). Si tratta insomma di garantire la pace sociale: le autorità assumono così un atteggiamento inflessibile nei confronti della corruzione mentre promuovono gli investimenti nelle aree arretrate. Secondo le motivazioni del Tribunale del Popolo, i funzionari corrotti che hanno subito una condanna a morte immediatamente eseguita – come l’ex vice presidente del Congresso Nazionale del Popolo, Cheng Keijie (giustiziato nel settembre 2000), l’ex vicepresidente della provincia dell’Anhui, Wang Huaizhong (febbraio 2004) e Zheng Xiaoyu (luglio 2007) – “si erano rifiutati di ammettere la propria colpevolezza” per casi che “avevano provocato un impatto sociale estrememente grave”. La sentenza nei confronti di Chen Tonghai, invece, “riflette sia la scelta di punire severamente la corruzione sia quella di mitigare la giustizia con la pietà”.

fonte: Virgilio Salvadanaio